Giancarlo Vaiarelli. Lo stampatore che rende la foto un’opera eterna

Giancarlo Vaiarelli non è solamente un photo printer ma è anche un platinotipista, anzi un “The Platinotypist”

Ha lavorato e lavora con grandissimi fotografi nazionali e internazionali.

Egli, attraverso l’uso di particolari chimiche, di ingranditori e vaschette, trasforma una fotografia in un’opera eterna

La cosa che colpisce del suo lavoro è la capacità di realizzare opere dal carattere fortemente contemporaneo utilizzando tecniche molto antiche. 

Un esempio perfetto di come il passato possa essere la chiave di volta per affrontare al meglio il futuro.

Giancarlo Vaiarelli

Una domanda che ti hanno fatto in tanti.
Quando è nato Giancarlo come photo printer?

Nasco come photo printer negli anni ‘80 perché avevo l’esigenza di stampare nel migliore dei modi le mie fotografie, visto che prima di intraprendere la carriera da stampatore lavoravo come fotoreporter e fotografo di scena a Roma. La prima cosa che feci fu chiedere ai miei colleghi, nazionali e internazionali, dove potessi imparare seriamente questo mestiere, sopratutto la stampa in bianco e nero. 

La risposta fu univoca: Londra

La capitale inglese negli anni ‘80 era nel pieno di un fortissimo boom creativo. Vedevo impresso nei miei occhi di ventenne una città desiderosa di innovare e di sperimentare. Questo forte desiderio si insinuò in tutti i campi artistici: dalla moda passando per la musica fino alle arti visive. 

In quegli anni ebbi la fortuna di lavorare in uno dei più grandi laboratori di stampa fotografica, la Joe’s Basement; poi iniziai la collaborazione con altri laboratori, il Metro Photographic e lo Studio Roberto’s

Forbidden City di Irene Kung stampa di Giancarlo Vaiarelli

Tu sei considerato uno dei pochi custodi al mondo della tecnica della Platinotipia.
Quando hai scoperto la stampa ai sali di platino e palladio?

In Inghilterra scoprì il fascino e l’arte della stampa ai sali di platino e palladio (Platinotipia). Però per apprendere nel migliore dei modi questa tecnica andai nel laboratorio del mio mentore Dick Arentz negli Stati Uniti.

Come hai conosciuto Dick Arentz?

Nei primi anni ‘80 conobbi Dick Arentz al The Photographers’ Gallery di Londra. Le sue fotografie erano esposte in questa importantissima galleria. Rimasi folgorato dalla bellezza delle sue foto, ma soprattutto dalla sua tecnica di stampa al platino e palladio. 

Quando vidi Dick all’interno della galleria, cercai immediatamente l’occasione giusta per parlargli. 

La prima domanda che gli feci fu: “Ci vuole tanto tempo per imparare questa tecnica?”. Lui mi rispose: “Sì, ci vuole molto tempo per padroneggiarla”. Poi lui si accorse della mia pronuncia italiana e mi disse: “Anche mia moglie è italiana, se vuoi imparare davvero questa tecnica ci vediamo a casa mia, in Arizona”. 

Dopo tre anni lasciai Londra per andare da lui negli Stati Uniti.

C’era in te la vocazione di photo printer oppure l’amore per la stampa è nata per caso?

Nulla accade per caso, c’è sempre un disegno… ma di una cosa sono certo, appena misi piede in camera oscura capì immediatamente che quello era il mio mondo

All’interno di essa non mi dava fastidio né il forte odore della chimica né la strana luce che proveniva dalla lampadina rossa di sicurezza. 

Poi ricordo che riuscii immediatamente a trovare il meccanismo per fare le varie mascherature e compresi fin da subito quali fossero i tempi giusti di esposizione per ogni tipologia di chimica, di carta e di ingranditori. 

Tutto ciò mi fece capire che il mestiere di photo printer era (ed è) la mia strada.

foto e stampa di Giancarlo Vaiarelli

Tu padroneggi due tecniche per la realizzazione delle stampe Fine Art, quella ai sali d’argento e quella ai sali al platino e palladio. Perché la Platinotipia è il metodo migliore per stampare una fotografia?

Posso affermare che anche la tecnica ai sali d’argento conferisce un risultato molto soddisfacente, ma la Platinotipia ha una marcia in più. Utilizzo un gergo automobilistico perché come ben sai sono un appassionato di motori. 

Senza dilungarmi molto in tecnicismi vari, partiamo dal fatto che ci troviamo di fronte ad una stampa a contatto, vale a dire un processo in cui il negativo di grande formato (da 4X5 pollici in su) di una macchina fotografica analogica viene messo a diretto contatto con l’emulsione sensibile (l’emulsione è una mistura di platino, palladio e reagenti ferrosi).  

Le nuove tecnologie ci permettono di utilizzare la tecnica della Platinotipia realizzando grandi negativi da fotografie scattate in digitale.

Prima di tutto si lavora il file digitale all’interno di un software fotografico. Infine, sempre all’interno del software, si crea il negativo che verrà stampato grazie all’ausilio di una stampante inkjet.

Il passaggio successivo è la stesura dell’emulsione che deve essere fatta nel modo più omogeneo possibile. 

Questa operazione può essere realizzata anche sotto la luce di una lampadina al tungsteno di una potenza sufficiente a controllare tutte le operazioni in maniera comoda. 

Dopo aver emulsionato il foglio con la mistura di platino e palladio, lo si asciuga.

Successivamente si procede al posizionamento del negativo in un torchietto, poi si passa alla fase di esposizione ai raggi UV ed infine arriviamo alle ultime fasi, quella dello sviluppo e quella dei lavaggi.

Il platino e il palladio sono metalli eccellenti costituiti da molecole molto fini, ragion per cui si riesce a creare una struttura più ampia rispetto agli altri minerali ferrosi. Infatti la ricchezza dei toni grigi conferita dal platino e dal palladio non è paragonabile a nessun’altra tecnica né a nessun’altra chimica.

Oltre al risultato prettamente estetico, la durata effettiva di una foto stampata con questa tecnica è praticamente eterna (si dice 700 anni), per questo motivo molti fotografi che operano in campo artistico prediligono questa tecnica di stampa. La Platinotipia è richiesta anche dalle gallerie d’arte, dai musei e dai collezionisti perché hanno la necessità di archiviare e conservare le opere d’arte per lunghissimi periodi di tempo.

Birds Nest di Irene Kung stampa di Giancarlo Vaiarelli

Hai lavorato al fianco di grandissimi fotografi. Avere una visione comune è fondamentale?

Avere una visione comune non è indispensabile perché entrambe le figure cercano e trovano sempre un punto di incontro, una sorta di alchimia. Come ripeto sempre lo stampatore è un fotografo mancato mentre un fotografo è uno stampatore mancato… è un continuo compensarsi a vicenda.

Molti photo printer affermano “nel nostro lavoro non è importante avere uno stile ma saper adottare quello del fotografo”. Devi resistere alla tentazione di non aggiungere una tua interpretazione oppure è fondamentale aggiungerla per aprirsi a nuovi orizzonti?

Per me è fondamentale aggiungere qualcosa di mio perché con la mia intuizione creativa allargo l’orizzonte delle possibilità estetiche e interpretative della fotografia. 

Diversi fotografi sono all’oscuro dei risultati visivi che può ottenere una foto dopo la fase di stampa. 

Ci sono fotografi che dopo aver trascorso molto tempo in camera oscura hanno iniziato a scattare foto migliori.

foto e stampa di Giancarlo Vaiarelli
foto e stampa di Giancarlo Vaiarelli

Il fotografo è consapevole, fin dall’inizio, di come uscirà la propria fotografia dopo la fase di stampa?

Spesso i fotografi non sanno minimamente come usciranno le loro fotografie. 

Gli unici un po’ consapevoli sono quelli che hanno realizzato diverse stampe, giuste o sbagliate che siano, in camera oscura. La maggior parte dei fotografi sa solamente che deve uscire fuori un bel lavoro, quindi lo stampatore, senza prevaricare il criterio dell’autore, deve mettere la propria capacità tecnica e creativa al fine di raggiungere il miglior risultato possibile.

È giusto ricordare che solamente nella fase di stampa si può intervenire su determinati aspetti tecnici e interpretativi.

Un consiglio che daresti ad un fotografo?

Prima di tutto bisogna dire che la fotografia non è una cosa difficile. Molti fotografi si complicano un po’ la vita perché ci vogliono mettere troppa “arte” oppure troppa tecnica… la giusta strada è quella di mezzo. Fondamentalmente la fotografia è semplice, non c’è cosa più rapida della fotografia… è puro istinto.

Le tue stampe sembrano essere sfuggite dalle ingiunzioni dell'era della smaterializzazione digitale, “del tutto e subito”, del consumo... Possiamo definire il tuo lavoro come forma di resistenza?

La fotografia e la stampa tradizionale ti danno la stessa sensazione che solo il ragionare ti sa dare, è un processo lento in grado di lasciare emergere con più forza l’interiorità dell’autore

Un fotografo che vuole stampare con i sali al platino e palladio deve essere consapevole che il processo è lungo e dispendioso. Se è interessato ad un qualcosa di più veloce, di immediato e di economico, l’unica strada è il digitale.

Anzi, oggi le tempistiche di stampa si sono allungate perché i materiali utilizzati sono diversi, più ecologici rispetto a prima. Molti anni fa si utilizzavano carte più spesse e chimiche più potenti, questi tipi di materiali garantivano una gestione più semplice della parte tecnica, ma allo stesso tempo risultavano essere più inquinanti. Ricordiamoci che prima c’era poca attenzione verso il tema della sostenibilità ambientale.

La tecnologia ha compiuto un nuovo passo in avanti, stiamo parlando dell’intelligenza artificiale. Per te quale sarà il suo impatto nel campo della fotografia?

La fotografia non morirà, questi discorsi si sono sempre fatti. 

Mi ricordo la paura che si annidò nelle menti dei miei colleghi quando uscirono le prime stampanti automatiche oppure quando fece la sua comparsa Photoshop

L’unica cosa importante sarà quella di non dimenticare il passato insieme ai suoi maestri, perché grazie ai loro insegnamenti si riuscirà ad affrontare nel migliore dei modi le sfide del futuro. L’intelligenza artificiale è solo uno strumento in più che abbiamo nella nostra “scatola degli attrezzi”

Sono sicuro che l’avvento di questa tecnologia sveglierà l’essere umano dal suo torpore. Le persone dovranno impegnarsi di più nello studio e nell’aprire maggiormente la mente.

Un’ultima domanda. Perché nel 2023 è ancora importante stampare le fotografie?

È l’unico modo per ricordare e interiorizzare veramente gli avvenimenti importanti della nostra vita. Ricordiamoci che la nostra memoria non è infallibile. 

Mantenere le fotografie su un supporto digitale le depotenzia dallo scopo che esse hanno. 

Moltissime persone impiegano mezzo secondo per scattare e vedere una foto sul cellulare, tutto ciò è inutile… era meglio vivere appieno quel momento senza scattare nessuna fotografia.

A questo link potete approfondire il lavoro di Giancarlo Vaiarelli.

Per altre informazioni scriveteci a questa email: info@chromakia.org

Scoprite le nostre attività su CHROMALAB

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *